Come sarebbe Milano senza i sushi bar gestiti da cinesi, oppure Brixton
senza il balti, o qualsiasi posto del mondo senza spaghetti? Negli ultimi anni,
l’ingente numero di migranti in fuga da situazioni difficili nei propri paesi
d’origine e alla ricerca di condizioni di vita migliori in un posto nuovo è
stato ovviamente un catalizzatore per la creazione delle interessanti società
multiculturali in cui viviamo oggi.
E allora, perché ancora oggi consideriamo i residenti stranieri come immigrati,
“rifugiato” come una brutta parola, perché non abbiamo la pazienza di accettare
ed integrare persone che potrebbero dare alla nostra società contributi
entusiasmanti o determinanti (non parlo
solo di cibo, ma di ingegneri, insegnanti, talenti)? Un rifugiato è una persona
come tutte le altre, con i suoi sogni, le sue paure, e milioni di possibilità –
è capitale umano.
Il libro "Refugee
Boy", anche se è stato
pubblicato 15 anni fa, è ancora attuale ed è il libro che consigliamo di
leggere nel mese di gennaio.
Scritto in una prosa abbastanza chiara e semplice,
comprensibile per la maggior parte dei livelli di competenza di inglese, racconta
le avventure di un ragazzo di 14 anni di padre etiope e madre eritrea in fuga
da quella che era allora una violenta guerra civile. Il padre decide di
portarlo a Londra e lo abbandona alla sua sorte all’Organizzazione per l’Aiuto
ai Rifugiati in cerca di asilo.
Il libro lo segue nel percorso difficile che lo
aspetta per essere prima accettato all’interno della società e per essere poi
riconosciuto dallo Stato. Uno dei fortunati. Uno sguardo interessante sulla
situazione dei rifugiati, con un punto di vista democratico che vale la pena
leggere e comprendere.
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