venerdì 23 novembre 2012

La riscoperta del tedesco














La crisi economica porta gli italiani a riscoprire la lingua e la cultura tedesca. 

La Germania è infatti l’unico grande Paese europeo dove la crisi non morde in maniera pesante, e gli italiani, dagli studenti ai manager, riprendono in mano la valigia per dirigersi al Nord, proprio come fecero i loro nonni e bisnonni negli primo e secondo Dopoguerra.

Dati alla mano, negli ultimi tre anni la presenza degli italiani in Germania è cresciuta del 6.4%: nel 2011 i lavoratori italiani in regola erano 189.299 mentre a maggio 2012 erano 232.800 (nel 2005 erano 171mila).

Le cifre sono comunque importanti, e possiamo dire di essere di fronte a una piccola, nuova ondata migratoria - dimostrata peraltro dal recente boom di iscrizioni a corsi di lingua tedesca nelle principali città italiane.

Da Torino a Milano a Napoli, sono sempre più gli italiani che riscoprono la lingua di Nietzsche, soprattutto per ragioni lavorative: emigrare in Germania, oppure avere una opportunità di lavoro in Italia per quelle (tante) imprese nazionali che commerciano con società tedesche.

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mercoledì 21 novembre 2012

A short history of thanksgiving/Storia della Festa del Ringraziamento











La festa del Ringraziamento trova le sue origini nel 1621, quando 100 viaggiatori europei salparono dall’Inghilterra sulla Mayflower, la maggior parte di loro in cerca di libertà religiosa.


Dopo essere giunti a Cape Cod nel mese di novembre, questi pellegrini si stanziarono nelle terre della tribù Algonquin, corrispondenti agli odierni Stati del Massachusetts e del New England. 

Oltre metà dei coloni morì durante quei primi mesi gelidi, a causa di cibo e alloggi inadeguati, e i pochi sopravvissuti tennero una festa di tre giorni per celebrare il raccolto e mostrare la loro gratitudine verso i nativi che li aiutarono a superare il duro inverno.

Nel corso dei due secoli successivi si continuò a festeggiare il raccolto, ma non con il senso tradizionale di una festa: le colonie, le città, i villaggi tenevano i loro “Ringraziamenti” in onore delle vittorie ottenute nelle frequenti guerre contro i nativi. 


Queste celebrazioni erano a discrezione della città e non rappresentavano in nessun modo un simbolo di eredità nazionale; semplicemente volevano essere la commemorazione della vittoria su un gruppo di persone che tempo prima aveva accolto e aveva aiutato, almeno in parte, i nuovi arrivati.

Non vi era nessuno spirito di festa nazionale in queste celebrazioni “minori”. Le torte di zucca, il tacchino, la salsa ai mirtilli rossi, i tre tipi di patate, il sugo di carne (o salsa gravy) … questa parte della tradizione non iniziò nemmeno a prender corpo prima del 1863 quando, durante la Guerra Civile, il Presidente Abraham Lincoln, con la speranza di unificare gli Stati del nord, dichiarò l’ultimo giovedì di novembre festa nazionale per il successo ottenuto a Gettysburg – con un ritorno a quelle radici di celebrazione militare evidenti nei costumi di una giovane società coloniale.

Questa è più o meno la tradizione dai tempi del Presidente Teddy Roosevelt, il quale dichiarò il terzo giovedì di novembre Giorno del Ringraziamento.

Oggigiorno, a distanza di circa un secolo, il Thanksgiving tramanda lo stesso spirito che aveva nel 1621. La gente che si vuole bene si incontra, mangia insieme, si rilassa insieme, si racconta le novità e, ovviamente, guarda il football americano! 

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American Thanksgiving can be traced back to 1621 when about 100 European travellers set sail from England, most looking for religious freedom, on the Mayflower. 

After landing in Cape Cod in November, these Pilgrims began to settle in the lands of the Algonquin Tribes of present day Massachusetts and New England. 

Over half of the new population perished over those first cold months due to inadequate housing and nourishment. The few survivors held a three-day feast to celebrate the harvest and to demonstrate thanks to the native tribes who helped them survive the harsh winter.

Over the next couple of centuries the harvest was celebrated but not in the traditional sense of a holiday. Colonies, towns, and villages would hold their own "Thanksgivings" to honor victories over frequent battles with native tribes. 

These celebrations were as random as a town desired and were in no means a symbol of national heritage or holiday; simply a celebration of victory over a group of people who had, at least in part, once welcomed and assisted these newcomers to the land.

There was no sense of national holiday in these minor celebrations. The pumpkin pies, the turkey, the cranberry sauce, the three types of potatoes, the gravy... this part of the tradition didn't even begin to take shape until 1863 when, during the Civil War in hopes of unifying the northern United States, President Abraham Lincoln declared the last Thursday of November to be a national holiday for the success at Gettysburg - returning to those roots of military or hegemonic victory evident in the thanksgivings of a young colonial society. 

This more or less became the tradition until the time of President Teddy Roosevelt who declared the third Thursday of November to be Thanksgiving, and now, 100 years or so down the road Thanksgiving feels very much like it might have done in 1621.

People who love each other get together, eat together, relax together, give thanks for their tidings, and of course, watch American football!


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giovedì 8 novembre 2012

Il coreano, una lingua “rispettosa”




























Vi sono alcune lingue, tra le quali l’italiano, che a seguito dello sviluppo industriale e sociale del Paese hanno lasciato per strada alcuni formalismi tradizionali (pensiamo all’uso sempre meno frequente del Lei, o alla quasi ’”estinzione” del Voi). 

Non è questo il caso del coreano, una lingua che presenta a tutt’oggi molti livelli di cortesia (ben sei) che servono a indentificare la posizione degli interlocutori nel contesto sociale, ancora altamente gerarchizzato.


Due coreani che conversano tra loro utilizzano la forma di cortesia che classifica il rispettivo grado all’interno della piramide sociale. 

Durante una normale conversazione vengono presi in considerazione molteplici fattori: dall’età al grado di istruzione, dall’anzianità lavorativa al grado di parentela. 


Ma la cortesia non si esprime solo attraverso la lingua: quando si parla con un “superiore”, le parole, ma anche i gesti e il modo di fare dell'”inferiore” devono essere cortesi e quasi sottomessi. 

Conoscere questi aspetti e sfumature diviene indispensabile per intrattenere business di successo con aziende, colleghi e clienti coreani.

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venerdì 2 novembre 2012

Parli cinese? C’è lavoro per te

boom di iscrizioni ai corsi di cinese in Italia



















Nelle ultime settimane tutti i principali quotidiani italiani hanno dato la notizia del boom di corsi di cinese in Italia.  

Nell’anno in corso gli italiani che stanno studiando il mandarino sono circa 10.000.  Le cifre sono importanti in tutta Italia ma risaltano in particolar modo a Milano, dove il preside del linguistico «Manzoni», Giuseppe Polistena, intervistato dal Giornale,  afferma che i  milanesi che vogliono studiare il cinese sono un numero tale da non poter essere soddisfatto.

Il boom è legato non tanto alla (improvvisa) passione per la cultura cinese degli italiani, quanto alle concrete opportunità di lavoro che l’apprendimento del cinese porta in dote.

Negli ultimi anni infatti il peso economico della Cina è cresciuto anche nel nostro Paese, sia a livello di turismo in entrata che di scambi commerciali:  nel 2011 Pechino è divenuto il terzo partner commerciale di Roma, mentre nello stesso anno i cinesi in viaggio di piacere nel Belpaese hanno superato i 150.000. Imparare il cinese ti aiuta a trovare lavoro.

Reference