venerdì 20 maggio 2016

Titivillus e l’importanza del proofreading













Avete mai sentito parlare di Titivillus? Forse oggi questo nome non dice nulla, ma nel Medioevo invece era molto conosciuto.

Titivillus era un diavolo che si credeva lavorasse alle dipendenze di Belfagor, Lucifero o Satana per indurre in errore i copisti. In pratica, era una perfetta scusa per “giustificare” gli errori che facilmente potevano occorrere durante la copia dei manoscritti.

Marc Drogin, nel suo manuale didattico La calligrafia medievale: storia e tecnica” del 1980, racconta che a causa di una ironia della sorte for the past half-century every edition of "The Oxford English Dictionary" has listed an incorrect page reference for, of all things, a footnote on the earliest mention of Titivillus (Nel mezzo secolo scorso ogni edizione de "The Oxford English Dictionary" ha elencato un riferimento di pagina scorretto riguardo, tra tutte le cose, proprio una nota a pie' di pagina sulle prime citazioni di Titivillus).

Oggi come allora l’errore è dietro l’angolo, nella scrittura di testi ex novo così come nella traduzione. Per questo è importante affidarsi a dei professionisti che sappiano notare anche il più piccolo refuso, oltre che eventuali imprecisioni grammaticali o stilistiche. Ormai non possiamo più dare la colpa a Titivillus!


Reference: 

maka language consulting

venerdì 13 maggio 2016

International customers are standing by…




So you’ve got a nice new website, ensured it’s fully mobile responsive and you’ve had it translated into English. That’s all you need to do to attract international customers, right? 

Now you can just sit back and watch as your turnover increases.

Well, probably not actually.

While translating your site into English is fundamental to increasing your foreign market penetration, by itself it’s not going to be enough.

Now it’s true that since the dawn of the web, over two decades ago - feeling old yet? - English speakers have enjoyed the majority of web content being in their native language. But recent studies show this trend to be changing, and the reason for that is ecommerce.

It’ll come as no great surprise that over 70% of internet users are not native English speakers, and while people all around the world may be happy to log on and watch cat videos in any language, they’re not so willing to put up cash and pay for something without the security of doing so in their own language.

So why should you localise your site?

The internet has now penetrated into almost all aspects of our lives, and given the evidence that customers prefer to engage with websites in their own language, it’s surprising that 66% of Fortune 500 companies still haven’t invested in translating their websites. Even more so when you consider that those Fortune 500 companies which have made an investment in localisation have been found 1.5 times more likely to show an increase in total revenue.

Examples of successful localisation are easy to see, take Microsoft for example. The PC giant saw a huge increase in revenue when it became possible for frustrated user all over the world to read “application failed to load” or “cannot access printer” in their native language.

Then of course, there was Facebook’s localisation project, which saw the world becoming Mark Zuckerberg’s unpaid translation service, as everyone with knowledge of a second language clamoured at the opportunity to give the correct translation of “poke”, “like”, and “log out”. Facebook has now become one of the largest and most powerful online marketing tools ever, thanks largely to its local appeal.

So you’ve decided to localise your site?

One of the biggest obstacles to localising a website is deciding where to start. Between education, product, blogs and videos, a well established website could potentially contain thousands of pages. Do you really need to translate them all?

Probably not.

This is where a trusted SEO professional and thorough analysis of your customer journey will become invaluable.

Where are your customers coming from? The answer to this could be as simple as looking to see where your products are shipping to. But does that reflect where you need to focus or simply where your site is already successful? Does your site show a high bounce rate for certain territories, where customers are landing and then clicking away before converting?

Increasing your international market penetration requires careful analysis of your data, and a look-before-you-leap mentality. You’ll also need a good knowledge of your target audiences, and how best to appeal to them. How much does social media really affect the Chinese for example, and what is the best time of day to email an Englishman?

We’ll be looking more at how different nationalities behave online and how best to attract customers from different countries next week.

maka language consulting

I clienti internazionali stanno aspettando…



Ok, hai un nuovo sito internet, fatto bene, ottimizzato per i dispositivi mobili, e lo hai fatto tradurre in inglese. Adesso non devi fare altro per attrarre nuovi clienti internazionali, giusto? Puoi sederti e vedere come aumenta il tuo fatturato?

Non esattamente.

La traduzione del tuo sito in inglese è fondamentale per raggiungere i mercati esteri, ma da sola non basta.

Dall’avvento del web, più di vent’anni fa – ti senti vecchio, eh? – i parlanti nativi di inglese sono sempre stati avvantaggiati, dato che la maggior parte dei contenuti in rete sono nella loro lingua madre, ma studi recenti dimostrano che questo trend sta cambiando, a causa principalmente della diffusione dell’e-commerce.

Non ci sorprende che più del 70% degli utenti di internet non siano parlanti nativi di inglese, e mentre in tutto il mondo alla gente non dispiace connettersi o vedere video di gattini in ogni lingua, quando è il momento di tirar fuori i soldi e comprare qualcosa, tutti preferiscono farlo in sicurezza nella propria lingua.

Perché localizzare il tuo sito internet?

Internet è ormai centrale nelle nostre vite, e una volta provato che i consumatori preferiscono visitare e agire in siti nella propria lingua, è davvero sorprendente come il 66% delle 500 multinazionali più grandi al mondo non abbia ancora investito nella traduzione del proprio sito internet. Per di più considerando il fatto che le società che invece hanno investito nella localizzazione hanno quasi il doppio delle probabilità di vedere un aumento del proprio fatturato. 

Esempi di localizzazioni di successo sono facili da trovare, prendiamo ad esempio la Microsoft. Il colosso dell’informatica ha riscontrato un aumento significativo del proprio fatturato quando ha reso possibile per il povero utente in ogni parte del mondo leggere frasi come “la tua candidatura non è stata caricata in modo corretto” o “stampante non trovata” nella propria lingua madre.

Poi naturalmente c’è il progetto di localizzazione di Facebook, che ha visto il mondo intero offrire a Mark Zuckerberg un servizio di traduzione gratuito, dal momento che qualsiasi utente che conoscesse una seconda lingua era in grado di suggerire la corretta traduzione di “poke”, “like”, “log out”. Adesso Facebook è diventato uno degli strumenti di marketing online più grandi e potenti, grazie proprio al suo fascino locale.

Hai deciso di localizzare il tuo sito?

Uno dei più grandi ostacoli da superare nella localizzazione di un sito è decidere quando iniziare.

Tra presentazione della società, descrizioni prodotti, blog e video, un sito ben piazzato potenzialmente può contenere migliaia di pagine. Ma hai davvero bisogno di tradurle tutte? 

Probabilmente no.

Ed è proprio qui che il contributo di un esperto SEO, attraverso l’analisi dell’esperienza degli utenti, diventa prezioso.

Da dove arrivano i tuoi clienti? Potresti rispondere che basta guardare dove vengono spediti i tuoi prodotti. Ma questo ti aiuta davvero a capire su cosa concentrarti o piuttosto ti dice dove il tuo sito funziona già bene? Il tuo sito ha una elevata percentuale di rimbalzo in certi territori, dove i clienti arrivano alla tua pagina ma la abbandonano prima di compiere un’azione di conversione?

Rafforzare la presenza sul mercato straniero richiede un’attenta analisi dei dati, e un approccio “pensa prima di agire”. Devi conoscere bene il tuo pubblico di destinazione, e sapere come risultare allettante per lui. Quanto i social media interessano ai cinesi, per esempio? Oppure, qual è l’orario migliore della giornata per inviare un’e-mail ad un inglese? 

La prossima settimana approfondiremo il tema di come le diverse nazionalità si comportano online e come attrarre al meglio clienti da paesi differenti.



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www.makaitalia.com 

mercoledì 11 maggio 2016

A Very British Tradition










“Culture is king”, as the saying goes, and if you don’t know the culture, you can’t understand the people. That’s why it’s important to be familiar with traditions and cultures when expanding your business into new international markets.
This is particularly true when you’ve set your business aim on the UK. Looking before you leap is important, and knowing something about the strange, and sometimes eccentric customs of the island people can be useful.
Visitors who stray away from the big cities to explore small-town life and local pubs may encounter a rather peculiar custom: groups of middle-aged men clad in white with bells on their knees, holding pieces of wood. Don’t be alarmed when they begin their strange dance, they’re just Morris Dancers.
This odd musical tradition began in the 15th century and takes its name from the Moors. Over time Moorish dancing became Morris dancing and this can be seen in the tradition with some of the dancers blackening their faces.
The style of dancing you may see depends on the part of country you visit. More popular in the south is the Cotswold Morris where the dancing involves banging sticks and waving handkerchiefs. Visitors to the north may witness the more sinister looking Longsword Dancing, particularly popular across Yorkshire and the south of Durham.
So if you’re in the UK on holiday this summer and you suddenly hear the curious clonk of wood on wood, don’t be alarmed, don’t drop your beer, it’s just the English being eccentric. Simply order another pint and enjoy the show.
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martedì 3 maggio 2016

Star Wars Day : May the Force be with You
















With the latest chapter in the Star Wars saga now available on DVD and Blu-ray, it’s time to celebrate Star Wars day properly this year.

When is Star Wars day?

May the Fourth, of course.

Why is it Star Wars day?

Just say it out aloud, “May the Fourth be with you”, and you’ll soon see.

When did Star Wars day start?

Surprisingly, it originated on 4th May 1979 when Margaret Thatcher became Britain’s first woman prime minister. Her party placed an ad in a newspaper saying: “May the Fourth Be With You, Maggie. Congratulations.”

Since then it has been picked up by George Lucas and turned into a day when fans the world over celebrate Star Wars with everything from impromptu lightsabre battles to humming the theme song while making coffee.

Traditionally, May has always been an important month for Star Wars, with all but one of the seven films being released in that month. The exception being The Force Awakens which was released in December 2015.

So have a good Star Wars day and be ready to face the Dark Side the next day, the Return of the Fifth.

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Keep calm and carry on















Hands up. Who’s never heard the saying “Keep calm and carry on?” Nobody!

What most don’t know though is that this (often annoying) catchphrase wasn’t made up by a modern day marketing genius but actually dates back to the Second World War.

In 1939 the Ministry of Information, charged with handling communications with the British public put together a series of motivational posters to reassure citizens during the war.

The first two messages posted that September were: "Your Courage, Your Cheerfulness, Your Resolution Will Bring Us Victory" and "Freedom Is in Peril. Defend It With All Your Might."

Keep Calm and Carry On was the last message commissioned to strengthen morale, but the British government gave orders to use it only in case of serious crisis, emergency or invasion. Two and a half million copies were printed up, never used and left to rot until the owner of a small bookshop, Barter Books, in the North East of England, purchased a trunk of used books and found one of the original posters inside.

Thus was born the iconic phrase, now used all over the world, and, for any type of, mostly personal, crisis (and non.)


Carry on!

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