martedì 23 settembre 2014

La spanakopita di Kate e della nonna yia yia


















Sentite già la mancanza dell’estate? Per sentirvi ancora in vacanza, provate a cucinare la “Spanakopita” una torta salata tipica della cucina Greca.

Ho vissuto a Creta per 7 anni, mangiavo la maggior parte delle volte pietanze della cucina greca fatte in casa, si faceva a gara per chi riusciva ad ottenere la mascella della testa della capra o gli occhi del pesce, guardavo metri di intestino farciti con frattaglie, fagioli in salsa rossa e la zuppa di lenticchie con alici.  “stifado,” “kakavia,” “dolmadakia,” “giouvestsi,” “kalamaraki,” “oktapothi.”

Nonna “yia yia” Afrodite preparava un piatto fresco tutte le mattine. Nella sua cucina spartana, con il suo piccolo coltello da tavolo spuntato, affettava finemente, spezzettava, spelava, macellava, qualsiasi cosa le fosse capitato quel determinato giorno.

Barattava il formaggio mizithra con l’agnello, il sale con le uova, si raccoglievano le lumache nei giorni di pioggia, e la “horta” (erbette) che cresceva sui lati ombrosi delle montagne.

“Yia yia” tagliuzzava direttamente all’interno della sua vecchia ed amata padella di alluminio, aggiungendo dell’olio d’oliva, i pomodori e del sale lasciando il tutto cuocere a fuoco lento. La maggior parte delle volte era tutto già pronto prima ancora che mi svegliassi. Il pranzo, non aveva un orario fisso, si mangiava a qualsiasi ora si sentisse la fame, la padella era li ad aspettare, il pane pronto ed affettato sul tavolo ricoperto da un tovagliolo e la “kalitsounia”, tenuta al caldo tra due piatti.

Ahhh la kalitsounia, una piccola tortina tonda, a semicerchio o quadrata farcita con formaggio mizithra, formaggio malaka o erbette verdi. Fritta o al forno. Come aperitivo o come dessert. Per tutto l’anno e fatta in casa.

Mi sono innamorata della “spanakopitaki” che serviva la nonna, una versione della “kalitsounia” con spinaci e formaggio. La guardavo cucinare e osservandola ho imparato da lei, ora preparo anche io questo piatto ovunque mi trovi. È una ottima pietanza adatta ad un party o una semplice cena. Se siete capitati a maka durante una delle nostre feste infatti, l’avrete sicuramente assaggiata.

Ecco la mia versione semplificata: 

La spanakopita di Kate e della nonna yia yia

L’impasto:

Bisognerebbe avere una buona manualità e il giusto tempo da dedicare per la preparazione di un buon impasto fatto in casa, ma molto spesso, facilito la preparazione comprando la pasta filo già pronta. Voi però potreste comunque provare a fare l’impasto, ecco la ricetta:

Mescolare mezzo kilo di farina (farina 00), un pizzico di sale e aggiungere due cucchiai di olio di oliva e acqua q.b. (oppure la “tsikoudia”, che qui in Italia non troverete sicuramente, ma che potrete sostituire con della grappa) fino a creare una pagnotta morbida (senza renderla appiccicosa). Lasciarla riposare per circa 30 minuti.

Se utilizzate la pasta filo surgelata, lasciatela scongelare e maneggiatela molto delicatamente, così da non romperla.

La farcitura: mix di spinaci

Rosolare o far lessare gli spinaci, o a qualsiasi altra verdura a foglie verdi abbiate scelto di usare, per 5 minuti (potete usare anche una goccia d’olio ma non è strettamente necessario). Strizzate il tutto e inseritelo in una ciotola, aggiungete un pizzico di sale. Da qui poi, potete incorporare quello che preferite, la ricetta originale aggiunge aneto e formaggio mizitrha. Ma voi potete optare per la feta o la ricotta, aggiungere menta, cipolla, pepe.

Le tortine

Stendere l’impasto molto finemente, senza lasciarlo rompere e tagliarlo con la forma e la misura che preferite. Circolare, (da ricoprire o chiudere con un’altra forma circolare) quadrato, oppure un unico strato steso su una teglia (coprirlo con la farcitura così da rendere il tutto più veloce e metterlo direttamente in forno.)

Per la “spanakopita” a bocconcini

Create delle piccole formine e riempitele con un cucchiaio della vostra farcitura, ponendolo al centro, piegare poi gli angoli o ricoprire con un altro strato di pasta pressando leggermente. Se state usando la pasta filo, spennellare con dell’olio per poter sigillare il tutto bene (funziona da collante.) Non farcire troppo altrimenti durante la cottura il ripieno potrebbe fuoriuscire.

Friggere queste piccole taschine con un po’ di olio caldo in una pentola, dorandole da entrambi i lati, fino a che non le sentite sfrigolare. Se preferite cuocerle al forno, irroratele col rosso d’uovo e lasciatele cuocere per 20 minuti a 180 gradi.

Per la torta salata “spanakopita”

Ungere una teglia abbastanza grande e oblunga, stendere sopra l’impasto, ricoprire con uno strato di farcitura e chiudere con un altro strato di pasta filo poi spennellare con dell’olio o col rosso d’uovo sbattuto. Se usi la pasta filo già pronta, potresti sovrapporre più fogli insieme spennellandoli con dell’olio fra di loro.

Infornate per 20 minuti a 180 gradi fino a quando si ottiene una bella doratura. Servirla tagliata a quadratini così da renderla ancora più facile da assaggiare e appetitosa!

Questo è una di quei piatti che definirei “Νόστιμο” “nosteemo” (appetitoso).

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lunedì 22 settembre 2014

Destinazione: Oktoberfest


















Trascorri qualche giorno tra fisarmoniche, Lederhosen, baffi, salsicce, Schnitzel, gente alticcia che canta con le guance rosse e bariste prosperose che trasportano boccali e boccali da Maß (1 litro di birra).

L’Oktoberfest a Monaco è quel posto in cui ogni anno migliaia di tedeschi e di turisti si radunano in tendoni, ristoranti o per strada per bere quanta più birra possibile.

La birra in Bavaria è una vera e propria cultura, tanto quanto lo è il vino in Italia e in Francia. Deve essere fatta solo con luppolo e orzo che rispondano ai requisiti di Purezza Bavarese.

Per l’annuale Oktoberfest i più importanti produttori di birra tedeschi montano degli enormi stand allineati con tavoli per bere birra e bevono la birra di loro produzione; dal primo giorno in cui il sindaco spilla la prima birra dalla botte tra gruppi musicali, parate e spettacoli, si stima che vengano bevuti ogni anno circa 6 milioni di litri di birra.

Il primo Oktoberfest è stato una celebrazione di una settimana tenutasi nell’ottobre del 1810 in onore del matrimonio del principe bavarese Ludwig. I festeggiamenti ebbero un così grande successo che vennero ripetuti ogni anno e spostati al mese di settembre per godere di un clima serale migliore, anche se l’ultimo giorno cade ancora nel mese di ottobre. 

Ecco 10 parole tedesche che possono esservi utili mentre vi godete l’Oktoberfest: 

Maß un litro di birra, importante unità di misura bavarese

Prost! salute!

Brezn Pretzel bavarese – ce n’è bisogno per assorbire l’alcol

Ogschdocha alticcio

Fetznrausch completamente ubriaco

Mingga Monaco

Duachanand caos, confusione

Tirolerhüte il cappello alpino verde che tutti indossano

Gamsbart tradizionale decorazione per cappelli, ogni visitatore come si deve dovrebbe averne uno

Kuaze Lederhose corti (pantaloni di cuoio), che si contrappongono ai Lederhose lunghi che coprono il ginocchio. Un vero bavarese dovrebbe avere tutti e due i tipi.

Fingahackln sport bavarese. Due uomini si tengono per il dito medio e provano a tirare l’avversario verso di sé sul tavolo. Attività molto popolare durante l’Oktoberfest

A tutta birra!

l’Oktoberfest è gratuito, la birra costa circa 8 euro a boccale
dal 21 settembre al 6 ottobre 2014
dalle 10 alle 22:30, nei weekend dalle 9 alle 22:30
Monaco

Per maggiori informazioni visita:

www.oktoberfest.de


maka language consulting
www.makaitalia.com 


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Eye on Oktoberfest



Spend a few days among accordions, lederhosen, and moustaches, sausages, and Schnitzel, rosy-cheeked drunks singing and busty bar maidens carrying fistfuls of “mass” beer steins.


Oktoberfest in Munich is where thousands of Germans and tourists alike gather in tents, in restaurants and on the streets to drink as much beer as they possibly can. 


Beer in Bavaria is a culture as is wine in Italy and France. It must be made with only hops and barley for Bavarian Purity requirements. At the yearly Oktoberfest the main German brewers set up Massive tents lined with tables for drinking beer and drink beer they do, from the day 1 when the Major taps the first barrel through the bands, parades and performances, an estimated 6 million liters of beer is drunk.


The First Oktoberfest was a weeklong celebration held in October 1810 in honor of the Bavarian Crown Prince Ludwig’s marriage. The festivities were so successful that they were repeated annually and moved into September to take advantage of a better evening climate, the last day still falls in October.



Here are 10 German words that can help you enjoy Oktoberfest



Maß one liter beer, important Bavarian measurement

prost! cheers

Brezn Bavarian pretzel – you need this to soak up the alcohol

ogschdocha tipsy

Fetznrausch totally drunk

Mingga Munich

duachanand chaos, confusion

Tirolerhüte the green alpine hat everyone is wearing

Gamsbart traditional Bavarian hat adornment, every proper Oktoberfest visitor should posses one

Kuaze short Lederhose (leather pants), as opposed to long Lederhose, which cover the knees. A real Bavarian possesses both kinds of pants

Fingahackln Bavarian sport. Two men hook their middle fingers and try to pull the opponent over the table. Popular activity at the Oktoberfest



It’s all about the beer



Oktoberfest is free, the beer costs about 8 euro per stein

September 21 – October 6 2014

10-22:30 weekends 9-22:30

Munich

For more information


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I 10 claim in inglese più popolari in Italia


L’inglese, lo sappiamo, è sempre più la lingua globale. Anche in Italia l’inglese diventa sempre più presente, facendosi largo dal business alla cultura alla comunicazione. Proprio nel marketing e nella comunicazione l’influenza dell’inglese è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 15 anni, e il riflesso di questo boom si vede nei claim scelti dai brand affermati, italiani e internazionali. 

Il claim, chiamato anche slogan, è la frase utilizzata per sottolineare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio e per persuadere il consumatore all’acquisto. 

Il claim quindi riveste una importanza strategica nelle scelte di marketing delle imprese, ed il fatto che l’inglese abbia già preso il posto dell’italiano per molti brand è significativo della sua influenza culturale crescente. 

Creare un claim efficace non è facile: è necessario il giusto mix tra una composizione semplice, immediata e memorabile e l’enfasi posta sulle qualità del prodotto o servizio che si vuole promuovere. 

Spesso il claim nasce per il mercato nazionale e, nel momento in cui l’azienda si espande all’estero, deve essere globalizzato, scegliendo come lingua principale l’inglese. Ecco l’importanza che riveste l'attività di traduzioni creative nell'ambito del marketing e della pubblicità.

Leggete i 10 claim più popolari in inglese secondo i nostri traduttori e consulenti linguistici. Ve ne vengono in mente altri? Condivideteli con noi!

that’s amore (findus)
just do it (nike)
think different (apple)
impossible is nothing (adidas)
connecting people (nokia)
today. Tomorrow. Toyota (toyota)
built to resist (eastpack)
what else? (nespresso)
life is now (vodafone)
I'm loving it (McD's)



Reference:


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giovedì 18 settembre 2014

Quanto è difficile e quanto tempo ci vuole per imparare una lingua straniera?



Hai mai avuto difficoltà con l’inglese, magari rinunciandoci dopo soli 20 minuti di lezione perché ti sembrava troppo difficile? L’idea di studiare cinese ti intimorisce? Quanto è difficile imparare una nuova lingua? Quanto tempo ci vuole realmente?

Un italiano alle prese con lo spagnolo impiegherebbe sicuramente meno tempo rispetto ad un inglese, e l’apprendimento diventerebbe ancora più rapido se lo stesso italiano studiasse spagnolo in Spagna.

Una persona che parla due lingue straniere impara una nuova lingua più velocemente e facilmente rispetto ad una persona che ne parla solo una. Un bambino impara  più rapidamente rispetto ad un adulto: se un bimbo di 2 anni bilingue italiano-inglese,si trasferisse in Spagna imparerebbe lo spagnolo in maniera quasi naturale. Tuttavia, noi che vogliamo imparare una nuova lingua siamo per la maggior parte adulti,quindi come possiamo fare? Cosa ci serve davvero?

La buona notizia è che non è difficile imparare una lingua straniera: dipende davvero da te. Spesso è una questione di tempo, impegno e soprattutto motivazione. Ah, e non dimentichiamo la strategia.

Le lingue sono divise in quattro categorie. Per acquisire padronanza in una delle lingue della categoria I come inglese, italiano e spagnolo servono 25 settimane, o 625 ore di lezione. Per lingue della categoria II quali tedesco e ungherese le settimane sono 35 e le ore di lezione 875. Servono invece 48 settimane (1200 ore) per apprendere russo, polacco, thailandese, turco o altre lingue della categoria III. Infine, sono 75 le settimane (1875 ore) di studio per diventare esperto nelle lingue della categoria IV: arabo, coreano e cinese mandarino.   

L’apprendimento di una lingua straniera dipende da molte variabili, ma soprattutto dal fattore tempo (e da te). Puoi imparare qualsiasi lingua se sei motivato ad impegnarti per il tempo necessario. Quindi, affronta la sfida, poniti degli obiettivi, lavora secondo i tuoi ritmi, apriti alla lingua e scegli le giuste strategie che possano aiutarti, come partecipare a corsi super-intensivi, leggere (blog, libri, articoli), ascoltare (radio, podcast), guardare (video, programmi, film), scrivere (giornali, blog) e parlare (partecipando ad un corso di conversazione, con gli amici o – perché no? – con te stesso)

Una nuova lingua ha bisogno del giusto tempo, quindi non arrenderti dopo sole 20 ore di lezione: ricordati che è tanto difficile quanto tu lo credi.

Ne vale di sicuro la pena: imparare una nuova lingua non è solo un nuovo modo di comunicare ma anche un nuovo modo di vedere il mondo.


Maka language consulting


How  long does it take (and is it difficult) to learn a new language?

Have you ever struggled with English? Given up after only 20 hours of lesson because it seemed too difficult? Is the idea of studying Chinese too daunting? How difficult is it to learn a language? How long does it really take?

An Italian person trying to learn Spanish would take less time than an English person trying to learn Spanish - an Italian studying Spanish in Spain, less time than one studying Spanish in Italy. A speaker of 2 languages learns a new language faster and more easily than a person who speaks only 1, a child less than an adult. An English/Italian bilingual 2 year old living in Spain would take no time at all, but most of us that want to learn a new language aren’t infants so what does it take for the rest of us?

The good news is, that it isn’t difficult to learn a language; it really just depends on you. It is often just a question of time, dedication, and above all motivation. Oh, and strategy.

Languages are divided into four categories, to become proficient in a category I language like English, Italian, Spanish, it should only take about 25 weeks, or about 625 class hours, Category II languages like German and Hungarian about 35 weeks (875 hours), category III (Russian, Polish, Thai, Turkish) 48 weeks or 1200 class hours and category IV Arabic, Korean, Mandarin Chinese about 75 weeks or 1875 hours.

Learning a language depends on many factors, but it mostly depends on the factor of time (and on you). You can learn any language you like if you are motivated to stick with it for the amount of hours that it takes. So, Know the challenges, set your own goals, work at your own pace, expose yourself to the language, and find strategies to help you along like full immersion courses, reading (blogs, books, articles), listening (radio, podcasts), watching (videos, programs, movies), writing (journals, blogs), and speaking (courses, friends, to yourself - why not?)

A new language takes as long as it takes, so don’t give up after only 20 hours, and it is only as difficult as you make it.

And it sure is worth it; a new language is not just a new way of communicating but a new way of seeing the world.

Maka language consulting

giovedì 11 settembre 2014

5 errori che si possono commettere (forse) in inglese




















“How are you John?”  “I’m good.”
Dov’è finito l’avverbio? Non dovrebbe esserci “well”, invece di “good”?

“And you?”
Iniziare una frase con una congiunzione? Ci hanno sempre detto che non si può!

“Am I allowed to break the rules? Does it depend “who” I’m with? Or with “whom” I am?”

Come sanno bene tutti quelli a cui è capitato di leggere una brutta traduzione fatta con Google translator, la lingua deve rispettare alcune regole per avere senso, così tutti noi possiamo comunicare su un terreno comune e ridurre il rischio di incomprensioni: come una sorta di piattaforma per lo sviluppo generale della lingua. Però…alcune “regole” che ci sono state insegnate non sono affatto delle regole, possono essere a volte modificate in base alle circostanze; siamo in una sala riunioni o in un campo da baseball? Spesso è una questione di stile, a volte è una questione di tempi e mode.

Ecco i 5 “errori” o non-errori che si possono commettere in inglese:

1) Who e whom

“Who is she?” “You gave it to whom?”

Secondo il trend culturale inglese,“whom” è ormai utilizzato solo in contesti molto formali, sta diventando sempre più obsoleto e a volte suona proprio un po’ ridicolo. Si usa ancora in caso di doppia domanda, come "Who's dating whom?", oppure in espressioni fisse come "To whom it may concern" o "With whom do you wish to speak?"

2) Iniziare una frase con una congiunzione (and, but, so, because, also)

“Why can’t I go to the party?” “Because I said so”

A scuola ci hanno insegnato che non si può iniziare una frase con “and”o altre congiunzioni, ma in realtà si può. Le congiunzioni servono a unire due concetti o due frasi, ma possono anche essere utilizzate per riprendere una frase lunga o complessa, per un chiarimento prima della frase principale o per rispondere ad una domanda.

3) Modificare aggettivi assoluti

“Very unique,” “totally awesome”

I puristi della lingua potrebbero dire che una cosa può essere unica o non unica, perché “unico” (unique) è un aggettivo assoluto, così come non si può essere “un po’ incinta”. Ma per i non puristi della lingua la vita non è solo bianca o nera, e c’è bisogno di definire le cose con una gradazione, quindi tutto può essere “relatively perfect” o “totally awesome.”

4) That and which

“The hat, which cost 5000 euro, is black” or “the hat that cost 5000 euro is black”?

Quando si deve usare “which”? Quando si deve usare “that”? In questo caso, sono entrambi corretti. Pare che i parlanti nativi – almeno, la maggior parte - li utilizzino un po’ ad orecchio, come la frase suona più naturale. Utilizzano “that” più spesso di “which”, e quando attivano il controllo ortografico in word lo modificano in “which” e aggiungono le virgole.
La “regola” è che le frasi relative non restrittive (separate da virgole e non correlate alla frase principale) vogliono il “which”, mentre le frasi relative restrittive (correlate alla frase principale) vogliono “that”. Quindi, in pratica, si può usare sia that che which, basta stare attenti alla posizione delle virgole.

5) Bad o badly, good o well

“How are you?” I’m good,” “She did good on her test,” “he drove real bad.”

Ma non dobbiamo utilizzare gli avverbi per modificare i verbi? Be’, questo errore grammaticale è ormai accettato per consuetudine, specialmente negli Stati Uniti, in cui sentirete (anzi, non sentirete) gli avverbi ormai in disuso.

Ovviamente ci sono delle regole che bisogna rispettare, non è tutto un gioco, e il modo migliore per evitare di commettere errori inaccettabili è quello di esercitare il proprio inglese regolarmente; parlare inglese una o due ore a settimana può aiutare ad autocorreggere i propri errori e rendere il proprio inglese più fluente e naturale.

Senza dimenticare, però, che la lingua è in continua evoluzione.

Per saperne di più su modificatori non connessi sintatticamente o infiniti con avverbio frapposto:
http://www.theguardian.com/books/2014/aug/15/steven-pinker-10-grammar-rules-break

maka language consulting

5 mistakes it’s (probably) ok to make in English
“How are you John?”  “I’m good.”
What happened to the adverb? Shouldn’t John be well? 

And you?
What about starting a sentence with a conjunction?? They said I couldn’t do that!

Am I allowed to break the rules? Does it depend “who” I’m with? Or with “whom” I am?

As anyone who has read a bad Google translation knows, language needs some standards to make sense, so we can all communicate on common ground, to reduce misunderstanding, and as a platform for overall language development. But… Some of the “rules” that we have been taught, aren’t rules at all, sometimes we can change them to fit the situation; are you in the boardroom or in the ballpark? Often it’s a stylistic choice, and sometimes it’s a question of the times and trends.

Here are 5 “mistakes” or non-mistakes that it’s ok to make

1) Who and whom
“Who is she?” “You gave it to whom?”

Whom is now reserved for formal use due to a cultural trend in English, it is becoming slowly obsolete and often just sounds silly. We still use "whom" in double questions like "Who's dating whom?" (Well, some do) and in fixed expressions like "To whom it may concern" and "With whom do you wish to speak?"

2) Starting a sentence with a conjunction (and, but, so, because, also)

“Why can’t I go to the party?” “Because I said so”

We learn in school that you can’t start a sentence with and, or so, but you can. We use a conjunction to link two ideas, or sentences together. But it can also be used to continue a long or complicated clause, for an explanation before a main clause, and to answer a question.

3) Modify absolute adjectives

“Very unique,” “totally awesome”

A language purist would say that something is either unique or not unique, it’s an absolute adjective, you can’t be “a little bit pregnant.” But to a non-language pursts life isn’t so black or white, we need to define something on a scale of measurement, everything is “relatively perfect” or “totally awesome.”

4) That and which

“The hat, which cost 5000 euro, is black” or “the hat that cost 5000 euro is black”?

When to use “which”? When to use “that”? – They are, in this case, both right. It seems that most native language speakers use them randomly, just so the sentence sounds natural.  They use “that” more often than “which,” and then grammar check jumps in and changes it to which and adds commas.
The “rule” is nonrestrictive relative clauses (set off by commas and not relative to the sentence) take "which;" restrictive relative clauses (relative to the sentence) take "that.” So you can use that or which but you need to figure out those commas.

5) Bad or badly, good or well
 
“How are you?” I’m good,” “She did good on her test,” “he drove real bad.”

But, aren’t we supposed to use an adverb to modify a verb? Well, this grammar mistake has become de rigueur, especially in the states and you’ll hear (or won’t hear) the vanishing adverb.

There are some rules to follow of course, it isn’t all fun and games, and the best way to avoid unacceptable mistakes is to practice English on a regular basis, speaking English  just one or two hours per week can help you auto-correct your mistakes to make your English natural.

But remember, language evolves

For more on dangling modifiers and split infinitives
http://www.theguardian.com/books/2014/aug/15/steven-pinker-10-grammar-rules-break


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www.makaitalia.com