lunedì 22 aprile 2013

Marketing interculturale: l’esperienza negativa di Tesco in USA e Giappone


Un supermercato Tesco a Tokyo


















L’uscita di Tesco da USA e Giappone è un caso esemplare di quanto la comprensione dei comportamenti culturali e degli stili di vita dei consumatori risulti fondamentale per penetrare con successo in un nuovo mercato.

Da quando Tesco - terza catena mondiale della grande distribuzione organizzata (GDO) - è approdata negli USA 6 anni fa con la catena di convenience store (supermercati di piccole-medie dimensioni dislocate nei centri urbani) Fresh&Easy non ha mai registrato utili, riportando una perdita secca quantificata in 1,2 miliardi di sterline. Stessa sorte è toccata all’esperienza in Giappone, iniziata nel 2003 con investimenti aggregati pari a 100 milioni di sterline e zero ritorno economico. In entrambi i casi gli errori di marketing e strategia economica possono essere ricondotti di fatto alla scarsa conoscenza della cultura locale, la quale ha impedito lo sviluppo di operazioni commerciali di successo.

Nel caso della campagna statunitense Tesco ha considerato gli USA come un unico mercato invece di agire con azioni di marketing declinate per ognuno degli Stati dove è presente. Richard Lowe, analista di Barclays, in un articolo pubblicato dalla BBC spiega: “Gli USA possono essere paragonati all’Europa: quando agisci in quel mercato devi avere un approccio mirato […] I 50 Stati USA non sono esattamente paragonabili a diversi Stati sovrani, tuttavia mantengono mercati interni molto diversi tra loro”. I supermercati Fresh&Easy hanno ridotto al minimo il customer service ed hanno promosso in minima parte vouchers e coupon, elementi considerati fondamentali nelle scelte d’acquisto dei consumatori statunitensi.

In Giappone Tesco si è imbattuta in un mercato iper-competitivo nel quale i consumatori premiano la fedeltà, la qualità e il servizio al cliente. Impossibile, per gli oltre 120 negozi di Tesco dislocati nell’area metropolitana di Tokyo, competere con giganti giapponesi come 7 Eleven e Aeon presenti in maniera capillare con 10-12.000 konbini ( gli onnipresenti ”supermercati di quartiere”) e in grado di garantire una qualità di prodotto molto elevata a prezzi contenuti, oltre ad offrire una assistenza clienti eccellente.

Tesco è comunque in buona compagnia: Wal-Mart, Carrefour e Boots sono altri colossi mondiali della GDO che negli ultimi anni hanno dovuto alzare bandiera bianca nel Sol Levante, tutti convinti di poter penetrare un mercato che in realtà è molto complesso e richiede una conoscenza culturale approfondita.

L’esperienza fallimentare di Tesco testimonia una volta di più che le barriere culturali, nonostante la globalizzazione possa averle ridotte, continuano ad esistere e vanno necessariamente affrontate per poter agire con successo nei mercati internazionali.

Referenze

http://www.latimes.com/business/money/la-fi-mo-fresh-easy-tesco-us-20130417,0,4342693.story

http://www.bbc.co.uk/news/business-22179255

http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303703004577474260371972518.html 


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